Stalin: la terribile fusione tra carisma e crudeltà
L’ASCESA AL POTERE DI STALIN
Alla morte di Lenin, nel 1924, iniziò una sanguinosa lotta tra i suoi collaboratori per la successione; ne uscì vincitore Iosif Vissarionovic Dzugasvili detto Stalin, a prima vista il meno carismatico di tutti.
Per quanto Stalin infatti avesse sin dall’adolescenza professato idee rivoluzionarie, negli anni ‘20 si era ritagliato un ruolo prevalentemente burocratico; inoltre la sua durezza e i suoi modi bruschi e rozzi erano invisi all’Intelligencija del partito: erano altri - come Trockij e Kamenev- ad apparire nell’immaginario collettivo come degni epigoni di Lenin. Tuttavia, manovrando con enorme abilità tra gli scontri delle fazioni, nel 1927 l’“uomo di acciaio” riuscì a riunire nelle sue mani le fila del potere sovietico. Le sue prime azioni mirarono all’eliminazione dei suoi rivali politici: i suoi ex compagni rivoluzionari vennero scacciati, processati e uccisi come traditori; dal 1928 attivò una repressione anche nei confronti dei quadri dirigenti dell’economia, dell’esercito, del mondo intellettuale.
Stalin, sopprimendo ogni velleità di “esportazione della rivoluzione”, impose inoltre un enorme potenziamento dell’industria pesante, in particolare quella bellica, riuscendo in un decennio a raggiungere i livelli produttivi di Stati Uniti e Germania. Lo scotto da pagare, a livello sociale e microeconomico, fu elevatissimo: la popolazione contadina, cui fu imposto di rifornire le industrie e produrre enormi quantitativi di cereali per l'esportazione, vide crollare il proprio livello di benessere; inoltre l’imposizione di rigidissimi piani di produzione quinquennali strozzò ogni possibilità di vendita al dettaglio e di miglioramento delle condizioni personali. I raccolti, in nome della patria, vennero infatti requisiti, e quasi due milioni di kulaki (piccoli possidenti terrieri) dal gennaio 1930 vennero espropriati, deportati in zone semidesertiche senza cibo, case o combustibile, oppure fucilati o ancora rinchiusi nei lager.
Il possesso privato di terre venne bandito per legge; tutti i restanti contadini vennero costretti a riunirsi nei kolchozy, grandi aziende agricole collettive gestite dallo Stato. Il risultato a breve termine fu un tremendo decremento del settore primario: nel 1932 la produzione di beni agricoli era calata dell’11,4% rispetto al 1929, mentre una buona metà dei capi di bestiame era stata abbattuta e macellata dai contadini, restii a consegnarli allo Stato.
Se da un lato la situazione interna della popolazione versava in una profonda crisi, dal punto di vista della politica estera Stalin cercò una riconciliazione con le potenze occidentali: provò infatti più volte a migliorare i rapporti con Francia e Inghilterra; l'incubo del bolscevismo terrorizzava però queste nazioni, che non risposero positivamente a tali tentativi.
Rimasto isolato, Stalin decise allora di stipulare con la Germania nazista gli accordi Ribbentrop-Molotov del 1939: una patto di non belligeranza, che nascondeva la volontà di spartirsi i territori degli stati compresi tra i due paesi.
Con l’invasione della Polonia, riprese quindi la politica espansionistica dell’Unione Sovietica; a breve, però, Stalin dovette trovarsi a fronteggiare il potente esercito nazista. In questo terribile frangente dette prova di eccezionali doti di trascinatore, coinvolgendo la popolazione in un’imponente operazione di propaganda: in nome della coscienza patriottica e della solidarietà slava compattò i sovietici contro il nemico tedesco.
Il popolo sovietico per lungo tempo resistette da solo contro le armate naziste; grazie al sacrificio di milioni di persone (ad esempio a Stalingrado) l’esercito riuscì a ricacciare le truppe ostili. Forte di questa vittoria, Stalin nel 1945 poté sedersi da vincitore alle conferenze di Jalta e Potsdam, ottenendo di poter estendere l’influenza sovietica nei paesi dell’Europa Orientale, che entrarono di fatto come satelliti nell’orbita dell’URSS.
Tra il 1945 e il 1953, anno della sua morte, Stalin operò un rigido accentramento politico, economico e amministrativo: l’economia sovietica avrebbe dovuto ruotare intorno all’industria pesante, a scapito del mondo agricolo e contadino. Nel 1953, alla sua morte, il suo corpo venne imbalsamato ed esposto nella Piazza Rossa di Mosca. Per supportare la nuova imposizione di misure tanto invise, Stalin fece ricorso a una propaganda martellante e onnipervasiva, delle cui caratteristiche parleremo nel prossimo paragrafo.
LA PROPAGANDA: STALIN E IL CARISMA
Con la collaborazione di una nutritissima schiera di collaboratori di ogni livello e seguendo l’esempio di Hitler, Stalin organizzò una potentissima macchina di propaganda: la sua figura assunse i tratti di leader onnipotente e onnisciente e insieme quelli di “buon padre di famiglia”. Stalin divenne protagonista della letteratura, della poesia, dell’arte figurativa e anche delle arti minori: innumerevoli e diffusi in tutte le case infatti furono le porcellane, i tappeti, i ricami che lo ritraevano; Stalin risultava dunque il nume tutelare delle singole famiglie, sostituendo in questo ruolo i santi della tradizione cristiana.
Tappeto turkmeno “Stalin in visita a Lenin” Piatto propagandistico con Stalin
Particolare attenzione fu riservata ai manifesti, la cui iconografia venne accuratamente predisposta per veicolare specifici messaggi.
Stalin così compare come principale artefice delle vittorie in campo militare, economico ed educativo;
Manifesto del 1938 del RSS Azera con scritto in azero e russo "Gloria al grande Stalin".
come tenero e premuroso padre di famiglia (ricalcando da vicino l’iconografia hitleriana)
o come indomito capitano, che regge saldamente il timone dello Stato.
Città, fabbriche, strade presero il suo nome (“il suono del tuo nome è diventato familiare”, cantavano i poeti georgiani); nei crocicchi e nelle piazze principali vennero eretti statue e busti che lo immortalavano; vennero emesse parecchie serie di francobolli con il suo volto.
Stalin era ovunque, accompagnava ogni cittadino in ogni momento della sua vita pubblica e privata, minacciosamente paterno.
Il culto della sua personalità si era sviluppato nel 1929, con una imponente celebrazione del suo cinquantesimo compleanno, ma ben presto invase tutti i campi di associazione: nelle scuole e nei gruppi giovanili venne inculcata la fedeltà al regime sopra ogni valore, sotto l’egida del KOMSOMOL; gli insegnanti erano vincolati alle linee guida dettate dal partito; i programmi radiofonici, strettamente controllati, mandavano in onda informazioni filtrate dal partito e continui messaggi di propaganda; il cinema venne letteralmente colonizzato dal Partito: ogni pellicola cantava le glorie dell’URSS e biasimava la politica delle altre potenze, e veniva proiettata gratuitamente in luoghi di passaggio quali treni, stazioni metropolitane, sale riunioni.
La stampa indipendente era già stata liquidata da Lenin; Stalin proseguì sulla scia del consueto controllo dell’informazione con la celebre Pravda, ma decise anche di far stampare un giornale propagandistico, “URSS in costruzione” (СССР на стройке) in varie lingue, per raggiungere un pubblico internazionale.
Più delicata era la situazione dell’editoria libresca: tutte le stamperie vennero poste sotto il controllo statale, le biblioteche furono frequentemente “purgate” e per le nuove pubblicazioni fu stabilita una rigidissima censura. Durante il periodo delle “grandi purghe”, nella seconda metà degli anni ‘30, i libri di testo vennero revisionati con una frequenza tale da renderli inutilizzabili.
La censura si estese anche a discipline scientifiche - vennero ad esempio cancellati i riferimenti alle teorie “plutocapitaliste” di Darwin, Freud e Einstein- e alle immagini tradizionali della Rivoluzione: esempi ne sono la famosa foto di piazza Sverdlov, a Mosca, del 1920, da cui venne eliminato Trockij;
o la serie di foto ritoccate ogni volta che un esponente del partito veniva espulso
Stalin insomma doveva risultare come il solo uomo che aveva salvato e poteva salvare l’URSS, dimostrando che era possibile costruire il "socialismo in un solo paese".
La propaganda stalinista si incentrò su temi volutamente generici, collegati alla fedeltà allo stato e che colpivano “la pancia” più che il cervello: il perfetto sovietico doveva ricalcare come un bravo figliuolo le orme di Stalin, seguire con rigore la disciplina e essere pronto a sacrificarsi per la comunità di eguali. Doveva lavorare con il massimo impegno, accettare di buon grado un’eventuale rieducazione, essere pronto a tradire gli affetti in nome del regime. Compito delle donne era quello di partorire il maggior numero possibile di nuovi cittadini ed educarli alla lotta contro “il nemico di classe” borghese, al fine di creare una società utopica, senza distinzione fra i suoi membri, pacifica e obbligatoriamente felice.
E’ davvero impressionante la capillarità e la varietà dei mezzi con cui Stalin si adoperò per fornire un’immagine carismatica di sé, e ancor più impressionante il successo nazionale e internazionale che riscosse. Come si è cercato di dimostrare brevemente, la sua figura divenne modello unico e incontrastato per ogni tipo di comportamento, sociale o privato. Il suo carisma si esercitava quindi non solo a livello politico e sociale, ma mirava a invadere le coscienze dei singoli cittadini; Stalin diventò il riferimento interiorizzato per ogni decisione, in ogni situazione. Buona parte della popolazione era sinceramente convinta della sua infallibilità, e della perfetta congruenza tra la sua volontà e il benessere dello stato. Generazioni di bambini e ragazzi crebbero con l’assoluta certezza che grazie a lui l’Unione Sovietica fosse effettivamente lo stato migliore sotto ogni aspetto, e che fosse unicamente per merito suo che i valori della Rivoluzione avessero vinto in patria come contro il nazismo. Stalin riuscì a presentarsi dunque come garante di un’Identità perfetta tra valori, benessere personale e felicità collettiva, anche quando puniva, rieducava o uccideva i dissidenti.
LA REPRESSIONE STALINIANA
Il 30 luglio 1937, il Politbjuro - l’organo ristretto al comando del partito comunista sovietico, emanò segretamente l’ordine operativo 00447: iniziò così una repressione violenta e sanguinaria, il Terrore staliniano, che portò alla condanna di oltre 800.000 persone di cui più della metà vennero giustiziate. Scopo di questa “purga” era quello di eliminare dalla società ogni individuo considerato estraneo ai valori sovietici: contadini ancora benestanti, sabotatori, semplici persone che si lamentavano della durezza della vita, cittadini che appartenevano a etnie sgradite. Sottoposti a processi estremamente sommari, costoro venicano condannati sulla base delle confessioni estorte con la tortura; se considerati particolarmente pericolosi, venivano fucilai in segreto, altrimenti erano condannati a 8-10 anni di lavori forzati, “a scopo rieducativo”, nei Gulag, 384 campi di lavoro per gli oppositori politici disseminati nei luoghi più inospitali dell’URSS. Sottoposti a una costante violenza psicologia e al terrore di venire fucilati con la scusa di qualche mananca, all’interno di questi campi i prigionieri lavoravano a ritmi disumani alla costruzione di strade, dighe, canali, città; oppure erano adoperati come manodopera per rischiosissime estrazioni minerarie: garantivano così un afflusso di risorse e servizi a costo zero per lo Stato. Per quanto, a differenza dei lager, i gulag non fossero stati ideati precipuamente per lo sterminio, il tasso di mortalità dei detenuti superava il 70%, a causa delle terribili condizioni climatiche e nutritive a cui erano sottoposti. Inoltre alcuni feroci collaboratori di Stalin, come Berija, utilizzavano i prigionieri come cavie per testare gli effetti di veleni e armi.
L’ordine 00447 stabiliva anche la percentuale di quanti eversivi eliminare nelle singole regioni, a riprova che l’operazione aveva come fine principale quello di instillare una profonda paura nella popolazione; del resto, molti funzionari locali, desiderosi di risultare perfettamente allineati con il volere di Stalin, chiesero di poter giustiziare un numero di persone anche superiore a quello previsto.
Diventa qui evidente come il carisma di Stalin avesse informato l’Unione Sovietica a tutti i livelli: quello che diceva il capo era necessariamente giusto e necessario, anche qualora venisse in contrasto con il rispetto di sé e degli altri. Ogni valore che non fosse in linea con la visione di Stalin doveva essere immediatamente abbattuto, ogni tentennamento era meritevole delle più aspre punizioni. Con Stalin, male e carisma raggiungono insomma un connubio perfetto.
Sitografia
https://it.gariwo.net/educazione/approfondimenti/gulag-3481.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Culto_della_personalit%C3%A0_di_Stalin
https://www.treccani.it/enciclopedia/iosif-vissarionovic-stalin
https://it.rbth.com/storia/86453-il-culto-di-stalin-gli-oggetti
https://it.wikipedia.org/wiki/Propaganda_in_Unione_Sovietica#CITEREFBrendon
https://www.linkiesta.it/2020/08/stalin-georgia-culto/
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