La psichiatria è una scienza ancora in evoluzione. A differenza delle altre specializzazioni della medicina, a causa dei preconcetti che hanno da sempre affiancato la malattia mentale, poco è stato studiato e analizzato in questo ambito e ancora molto c'è da scoprire.
Il concetto di bene e male è strettamente legato alla capacità di provare empatia. Una persona comprende istintivamente che causare dolore agli altri è sbagliato perché la nostra mente ci permette, attraverso ragionamenti astratti, di metterci nei panni dell'altra persona e capire che quella situazione ci renderebbe infelici o ci causerebbe sofferenza. Siamo dunque naturalmente portati a non voler causare dolore alle persone, in quanto capaci di immedesimarci e di comprendere che fare del male è sbagliato; proiettiamo noi stessi nell'altro e, viceversa, partecipiamo alla sofferenza altrui immaginando e percependo in parte lo stato d'animo di chi abbiamo di fronte.
Le più recenti classificazioni delle malattie psichiatriche hanno eliminato il termine "psicopatia" a favore di un più generico "disturbo antisociale di personalità", definizione sotto cui rientrano anche la sociopatia e il narcisismo.
Tutte queste patologie sono accomunate da alcuni sintomi, il più evidente dei quali è la totale incapacità di provare empatia. Uno psicopatico può fare del male senza rimorso alcuno, pur comprendendo la sofferenza causata agli altri, perché non percepisce le sue azioni come "cattive", né può immedesimarsi nella sofferenza altrui. Sia chiaro, egli è in grado di capire che gli altri soffrono, così come è in grado di provare sofferenza, tuttavia mancando di empatia non può provare la compassione necessaria a desiderare di non far soffrire gli altri. Al contrario, la capacità di causare sofferenza è di solito vista dallo psicopatico come un pregio, un vantaggio sugli altri individui che viene sfruttato in ogni occasione possibile. Loro sentono di avere potere su persone inferiori, ne sono orgogliosi e non esitano a sfruttare questo vantaggio. Non a caso la percentuale di psicopatici nella popolazione sembra aggirarsi intorno a 2%, ma sale al 10% circa tra i CEO delle grandi aziende, a riprova del fatto che questi soggetti riescono a manipolare persone e situazioni a loro favore, mancando completamente di morale.
Al termine "psicopatico", però, di solito non viene associato nell'immaginario collettivo l'uomo d'affari in giacca e cravatta, ma il serial killer, la persona che uccide senza pietà per sadico e perverso godimento personale. Questa visione della patologia è errata e ci porta a sottovalutare la pericolosità di questi mostri. Innanzitutto, è più probabile che i serial killer siano sociopatici, piuttosto che psicopatici, in quanto i primi hanno un comportamento più disordinato, mentre i secondi sono molto più capaci di organizzare azioni ben finalizzate a perseguire i loro scopi. Ma vediamo cosa hanno in comune questi pericoli pubblici, mine vaganti in una società fin troppo tollerante nei confronti dell'unica patologia che è molto più dannosa per la comunità di quanto lo sia per il paziente stesso.
Nel 1941 fu stilata da Cleckley una lista di caratteristiche necessarie per fare diagnosi di psicopatia, che contava 16 voci, tra cui: apparentemente affascinante e intelligente, privo di empatia, inaffidabile, egocentrico, carente di relazioni affettive significative, privo di rimorso.
Appare evidente che una persona con tali caratteristiche sia la candidata ideale a commettere crimini violenti, ma sarebbe riduttivo pensare esclusivamente a quelli.
Quando istruiti correttamente sulle conseguenze delle proprie azioni, le persone con disturbo antisociale di personalità riescono, per la maggior parte, a inserirsi nei normali contesti sociali. Non lo fanno con le stesse motivazioni delle persone sane, ovviamente, quanto piuttosto perché riescono a comprendere che rimanere all'interno della società comporta dei benefici, così come dar sfogo alle loro violente fantasie porterebbe rischi e conseguenze spiacevoli. A seconda di quanta consapevolezza lo psicopatico abbia del suo disturbo e delle sue reali capacità, l'ago della bilancia pende verso il CEO o il serial killer. Uno psicopatico che riesca a mantenere una visione realistica delle sue abilità sarà più portato ad esprimersi nei limiti della legalità, mentre certi soggetti sono più portati verso il crimine quando prevalgono le manie di grandezza, lo scarso insight, un più labile controllo degli impulsi.
Gli psicopatici non sono necessariamente portati verso la violenza sessuale, ma quando questa fa parte del loro modus operandi è solitamente più violenta rispetto a quella messa in atto da persone senza il disturbo, a riprova del fatto che perfino chi commette una violenza così atroce ha una morale, radicata nell'inconscio, che agli psicopatici manca. Ragion per cui nel mettere in atto le violenze questi esseri mostrano un particolare sadismo.
Eppure, nonostante sia ormai una malattia riconoscibile e diagnosticabile, si è notato che le loro capacità di manipolazione arrivano al punto da riuscire a convincere perfino i servizi sociali della propria buona fede, in modo da avere sconti di pena o pene più leggere. Questo quando non sono in grado di convincere un'intera comunità della propria innocenza, come nel caso di Ted Bundy o Aileen Wournos.
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